Fiducia e benessere: produttività e organizzazione del lavoro
Nella terza e ultima parte della nostra analisi su organizzazione e produttività ci occupiamo di fiducia, benessere e equità e dell’influenza che le reti di relazioni sul posto di lavoro hanno sul rendimento di un’azienda.
Un’impresa, come qualsiasi organizzazione, è prima di tutto una struttura complessa che racchiude una pluralità di persone con una pluralità di intenti e motivazioni.
All’interno della struttura più o meno gerarchica delle competenze, comprende per forza di cose una ragnatela di rapporti personali che si intreccia in maniera stretta con l’organizzazione aziendale.
Una rete di questo genere coinvolge quindi una serie di caratteristiche della struttura: ad esempio il tasso di turnover, la possibilità di promozioni o incentivi, la produttività dell’impresa.
La fiducia è un collegamento fondamentale, il punto di partenza ineludibile di qualsiasi scambio di tipo economico, all’interno e all’esterno dell’azienda.
I livelli di fiducia orizzontale (fra lavoratori allo stesso livello) e fiducia verticale (dal datore di lavoro al dipendente) influenzano in modo importante e evidente proprio la produttività dell’impresa. È evidente che una situazione in cui il datore di lavoro ha scarsa fiducia nei dipendenti (basso livello di fiducia verticale) ha effetti molto negativi sul rendimento del dipendente e, di conseguenza, dell’impresa. Al contrario, al crescere della fiducia verticale, sarà molto più probabile e facile che il dipendente faccia proprie le necessità dell’azienda, sia in termini di produttività che di cambiamento.
Anche per quanto riguarda la struttura organizzativa, la fiducia verticale e orizzontale hanno un ruolo importante. Il turnover, la possibilità di emolumenti integrativi o promozioni, influenzano e sono influenzati dai livelli di fiducia, ma non sempre sono controllabili dall’impresa. I tassi di turnover, ad esempio, coinvolgono non solo le caratteristiche della forza lavoro, ma le politiche di concorrenza fra le imprese e l’andamento del mercato. Allo stesso modo le variazioni della domanda influenzano la possibilità di emolumenti integrativi.
All’apparenza la miglior struttura organizzativa riesce a massimizzare la fiducia verticale e minimizzare quella orizzontale, mettendo i lavoratori in concorrenza fra loro, ottenendo così il rendimento migliore a fronte di una migliore disponibilità al cambiamento e di un picco di motivazione.
Un lavoratore produttivo e motivato fornisce all’azienda un migliore rendimento e un miglior coinvolgimento negli obiettivi dell’impresa, a fronte di un minor costo e contribuisce alla crescita dei livelli di fiducia verticale, fondamentali per lo sviluppo. Si tratta di un aspetto da tenere in considerazione e che assume ulteriore valore negli ambienti lavorativi in cui è difficile (se non impossibile) monitorare il comportamento della forza lavoro o in cui è necessaria un’alta dose di creatività.
Fiducia e motivazione sono, quindi, fortemente legati e il discorso si sposta su come riuscire a ottenere fiducia attraverso una sapiente motivazione che coinvolga negli obiettivi o, all’estremo, nella filosofia e nella mission dell’azienda. Un compito necessario, se si pensa che i lavoratori più motivati e soddisfatti del proprio incarico sono quelli delle no-profit, risultato che mette in risalto come la retribuzione non sia per forza la forma migliore di motivazione.
In sintesi, un lavoratore motivato è un lavoratore affidabile, un lavoratore affidabile è un lavoratore produttivo. Ma come possiamo motivare l’affidabilità?
Proviamo con due esempi, uno che riguarda proprio la retribuzione e uno che riguarda le relazioni di fiducia.
Il primo viene da molti anni fa.
Nel 1914 Henry Ford decise di cambiare il contratto ai propri lavoratori. Sostituì l’accordo che prevedeva 10 ore lavorative a $ 2.34, con uno che pagava $ 5 per 8 ore lavorative. Si trattava di un rapporto fra retribuzione e lavoro all’apparenza svantaggioso per l’impresa, che perdeva 2 ore lavorative a fronte di un aumento del costo del lavoro e di una consistente perdita annua. In realtà fu un successo. L’atteggiamento dei lavoratori nei confronti della Ford cambiò e l’azienda crebbe senza interruzione dal 1914 e così i suoi profitti. Il tasso di turnover calò dal 370% al 16%, il tasso di licenziamento si azzerò dal 62%, la produttività crebbe di un fattore superiore al 30%.
Il secondo è una specie di esperimento, l’investment game e mostra l’effetto di possibili sanzioni sul comportamento e sulla fiducia.
Si tratta di un gioco in cui il primo giocatore ha a disposizione una somma e decide di cederne una parte al secondo giocatore che può o meno restituirne una quota. Nel caso in cui venga restituita, il primo giocatore la riceverà triplicata.
In generale, dal momento che il secondo giocatore potrebbe non restituire nulla, il primo giocatore dovrebbe non dare nulla. La realtà mostra, invece, che l’investimento iniziale è pari a circa la metà del capitale e la restituzione un terzo.
In questa situazione si introduce una variante.
L’investitore può decidere di applicare una penale nel caso in cui il secondo giocatore restituisca meno di quanto si aspettava. Prima del gioco l’investitore informa il secondo giocatore se ha o meno intenzione di applicare la multa. In questa situazione il comportamento del secondo giocatore mostra aspetti interessanti. Se il gioco non prevede la penale, il capitale restituito cresce fino al 44%. Se la penale esiste e viene applicata, il capitale restituito cala al 32%, mentre se la penale esiste e l’investitore decide di non applicarla, il capitale restituito cresce a oltre il 60%.
Il finanziatore decide di fidarsi e la fiducia viene ripagata.
Un basso livello di fiducia iniziale crea bassa risposta, bassa produttività, bassa affidabilità e collaborazione.
Un ultimo aspetto da considerare è l’equità, il benessere, la giustizia organizzativa.
Bassi livelli di equità sul posto di lavoro creano problemi di benessere per i lavoratori, incrementano la percentuale di malattia, fanno nascere problemi di salute.
La sensibilità del lavoratore all’equità è importante, occorre che esista un nesso fra quanto il lavoratore dà e quanto riceve, non solo in valore assoluto, ma anche in relazione agli altri lavoratori con cui ha a che fare.
Criteri di giustizia organizzativa che tengano conto dei meccanismi con cui vengono prese le decisioni, del rapporto fra retribuzione e lavoro e di un adeguato livello di fiducia verticale fanno nascere un ambiente di lavoro migliore e contribuiscono in maniera rilevante a far crescere la produttività.
Le altre parti dell’approfondimento su produttività e organizzazione:
1. La produttività e i nuovi modelli di organizzazione del lavoro
2. La gestione del tempo e l’orario di lavoro: organizzazione e produttività