Il blog di Chiara Cecutti

La resilienza: superare le difficoltà con la motivazione

La Resilienza: resistere alle difficoltà

La resilienza indica, in sostanza, la capacità di mantenere alta la motivazione nonstante la presenza di ostacoli, difficoltà e disagio.

Siamo capaci di conservare la motivazione quando incontriamo delle difficolà? Di fronte a un ostacolo, aumentiamo l’impegno o rinunciamo? Siamo soddisfatti del nostro modo di gestire lo stress? Sotto pressione, trasmettiamo motivazione o pessimismo?

Siamo meno vulnerabili allo stress di quanto crediamo. Uno studio universitario, ad esempio, mosta che uomini e donne non giovanissimi, ma motivati, possono fornire in condizioni anche molto complesse, sforzi fisici notevoli per una settimana intera, senza cali importanti delle capacità cognitive e addirittura, in alcuni, casi, con il massimo della forza.

Lo stress, in realtà, non è oggettivo, ma il risultato dell’incontro fra la difficoltà e le nostre risorse personali e motivazionali. Più alte le risorse, più basso sarà lo stress.
In altre parole la resistenza allo stress e la capacità di mantenere le motivazioni riguardano la nostra percezione della realtà e la capacità di regolare di conseguenza il nostro comportamento.

La resilienza, percià, è una capacità cognitiva legata al nostro modo di elaborare le informazioni e al rapporto con la realtà. Non è innata e qualunque sia il nostro livello di partenza è possibile aumentarla.

La motivazione più importante è l’automotivazione

La motivazione non è una caratteristica esterna. La motivazione più importante è l’automotivazione, conseguenza di anni di evoluzione umana. I nostri progenitori sono sopravvissutti procacciandosi il cibo, difendedosi dagli animali, proteggendosi dalle condizioni meterologiche avverse e spesso proibitive, acquisendo via via nuove capacità fisiche, psicologiche, intellettive.

L’automotivazione, quindi, è il punto fondamentale, quello che genera più impegno di qualsiasi altra motivazione esterna, si tratti di un’autorità, un incentivo, una sanzione.
Attraverso l’automotivazione, usando come molla la competenza, il piacere personale di riuscire nello scopo, motivando le capacità di chi deve compiere lo sforzo, possiamo ottenere risultati notevoli. Così come è accaduto per la sopravvivenza, la motivazione intrinseca e il desiderio di superare la sfida, accrescono la resilienza come niente altro.

L’eccesso di autorità, per esempio, realizza tropo spesso soldatini incapaci di muoversi senza un’adeguata guida esterna, una sorta di dipendenza che tende a riportare lo stato delle cose all’origine, in assenza del motivatore. Allo stesso modo gli incentivi possono essere utili per un obiettivo piccolo e di breve termine, generando in aggiunta una perdita di autonomia e di spontaneità dell’azione che, alla lunga, portano per forza di cose a un effetto demotivante.

Demotivazione: volontà e efficacia

Semplificando, esistono due tipi differenti di demotivazioni, una che fa sembrare impossibile l’obiettivo da raggiungere e quindi impedisce di fatto la possibilità di ottenerlo e una che riguarda la volontà, in cui so che potrei raggiungere l’obiettivo, se volessi, eppure mi manca la necessaria disciplina o il desiderio di fare la fatica necessaria ad ottenerlo.
Aumentare la resilienza significa lavorare su entrambi gli aspetti.

Il senso di efficacia (la prima motivazione) cresce con le esperienze di successo. Questo, però, a patto che si riesca a limitare al massimo i danni che noi stessi ci infliggiamo, ad esempio con errate convizioni o false interpretazioni della realtà.
Allo stesso modo un fattore devastante per l’automotivazione è la certezza, purtroppo molto diffusa, che si possa procrastinare all’infinito l’approccio con un’emozione negativa, un problema, un disagio.

La volontà (la seconda motivazione) ha a che fare con l’area perifrontale del cervello, quella che regola anche l’attenzione, la risposta emotiva, l’autocontrollo. Un’area che l’evoluzione ha reso in grado di regolare la nostra risposta psicologica alle difficoltà e alla sofferenza, mantenendoci focalizzati verso l’obiettivo da raggiungere. La ricerca dimostra che l’area si può allenare, ad esempio esercitando uno sforzo di volontà, accrescendone così le capacità. Un lavoro simile a quello che accade nell’allenamento sportivo.

Come motivare in azienda?

Viste le premesse, la risposta è abbastanza facile. Preferendo l’automotivazione delle persone a fattori esterni di motivazioni. In realtà, proprio perchè non si tratta di un risultato che nasce da un banale rapporto di causa effetto, la strada è complessa e non breve e coinvolge una serie di attività da svolgere con attenzione.

In primo luogo è necessario evitare ogni possibile fonte di demotivazione, capace in pochi istanti di vanificare tutto il lavoro positivo realizzato.
Entrare in sintonia con le persone è una condizione fondamentale.
Spendere tempo a conoscerle permette di capirne le competenze e le molle automotivazionali efficaci per ognuno di loro. Fare sentire le persone capaci, valorizzarle, riconoscere i risultati che ottengono è una spinta motivazionale molto più forte che una leadership autoritaria.

Allenarsi a seguire le regole della comunicazione, prepararsi con attenzione per costruire rapporti umani positivi, evitare conflitti soffocati e non detti, sono quindi un passo fondamentale sulla strada di una una buona motivazione.

Sul nostro sito trovi un ulteriore approfondimento e la nostra proposta per promuovee la resislienza.

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